
Si apre domani a Chennai (o Madras, come gli abitanti preferiscono chiamarla), con la cerimonia inaugurale, la 42esima edizione della manifestazione più prestigiosa del calendario mondiale: la Bermuda Bowl.
Sebbene con quel nome ci si riferisca all'intero evento, in realtà quello è il titolo della competizione Open, alla quale vanno però aggiunti la Venice Cup per le signore, e la d'Orsi Cup per i Senior.
Dopo l'autentico terremoto che ha squassato il nostro sport, a base dei noti, numerosi scandali riguardanti coppie di assoluto vertice mondiale, tutti sperano che la scena se la prenda il solo bridge giocato, e che finalmente si possa tornare ad ammirare i campioni al tavolo da bridge, senza controllare come muovono il carrello, o posizionano le carte d'attacco, o comunque cercare di indovinare quale possa essere il codice segreto usato.
Al momento, come risaputo, sono state tre le nazioni che si sono ritirate dalla Bermuda Bowl: Israele, Monaco e Germania in ordine temporale, ma sospetti gravano, o comunque dicerie girano, su altre coppie, e chissà che la griglia di partenza non debba ulteriormente ridefinita nelle poche ore che ancora ci separano dal fischio d'inizio. Si può solo sperare che se qualcosa deve ancora accadere, accada prima che i giocatori si siedano al tavolo, cosicché si possano prendere le decisioni del caso, ancorché in un clima che certo non permetterà la serenità d'animo necessaria.
Tutti, amministratori, giornalisti, giocatori, appassionati di tutto il mondo sperano che solo impasse, squeeze e cue bid occupino la scena nelle prossime due settimane. Ne abbiamo bisogno.
Nell'Open, i favori del pronostico sono tutti per USA 1, ovvero la mitica formazione NICKELL, capace di vincere più di qualunque altra negli ultimi vent'anni (la sua epopea cominciò proprio nel 1995, con la vittoria nella Bermuda Bowl di Pechino; da allora ne sono arrivate altre nel 2000, 2003 e 2009, insieme agli argenti del 1997 e del 2005), ma dall'Europa almeno due delle sopravvissute allo sconquasso possono offrire un ostacolo non da poco agli americani, ovvero Inghilterra e Svezia (questa ripescata dopo il forfait di Israele). Difficile che a queste tre si possano aggiungere altre serie contendenti, ma certo che non ci si può dimenticare di USA 2, e comunque nell'Open le sorprese possono arrivare da molte parti, dato che il livello tecnico è generalmente alto.
Nella Venice Cup, dove presentiamo l'unica formazione nostrana, fare un pronostico è più semplice da un lato, e più complicato da un altro: tutte le europee (sei), le due americane e la Cina possono vincere, mentre nessun altra può farlo, o comunque la probabilità che questo accada è vicina a 0. Le nostre, le quali vengono da un campionato europeo formidabile, che le ha viste in testa fino a pochissime mani dalla fine, hanno dimostrato che possono battere chiunque, e che hanno mezzi tecnici e nervosi per farlo, ma la competizione è durissima e molto lunga, ed ogni gradino, a cominciare dalla qualificazione alla fase a KO - se avete notato le favorite sono nove, ed i posti per i quarti di finale sono otto -, richiede lacrime e sangue.
Quanto detto nella Venice Cup vale anche per la d'Orsi Cup: anche qui sono favorite le europee, le due americane, ed un'asiatica, la quale è però qui l'Indonesia. Tuttavia, mi sento di aggiungere l'Australia, nonché di precisare che USA1 e USA2 sembrano questa volte una spanna sopra le altre.
Il formato è uguale per tutti: prima un girone all'italiana di ventidue squadre (sempre che non ci siano ulteriori ritiri nell'Open) - quindi ventuno turni, sedici mani ciascuno - nella prima settimana, poi quarti e semifinali su novantasei mani, in entrambi i casi in due giorni (quarantotto al giorno), infine la finale: altre novantasei mani per Women e Seniors, ma centoventotto per l'Open: le ultime due sessioni da giocarsi nella giornata conclusiva. Il ritmo è volutamente blando: si vuole fare in modo che le squadre non arrivino alla fasi decisive troppo affaticate, ad evitare quegli orrori che tanto imbruttivano le finali fino a qualche tempo fa.
Come già detto, speriamo che si tratti di una festa di sport: il nostro.
Maurizio Di Sacco